Il restauro

Le campagne di scavo condotte fin dagli anni Settanta nel sito archeologico di Mont’e Prama hanno portato alla luce un numero immenso e indefinito di frammenti che aumenta continuamente con il proseguire degli scavi.

Anche il numero delle sculture restaurate cresce di continuo. Finora il patrimonio scultoreo restaurato è imponente: 44 sculture, tra arcieri, guerrieri, pugilatori e modelli di nuraghe, più numerosi betili.

Le statue hanno un’altezza variabile tra i 185 e i 200 centimetri e sono state montate su un supporto di circa 15 centimetri per dare adeguato sostegno al pesante e fragile blocco di pietra.

Oltre quattrocento frammenti sono stati assemblati, in una prima fase di restauro, negli spaziosi laboratori del Centro restauro e conservazione dei beni culturali a Li Punti, Sassari dove, nel novembre del 2011, con la mostra temporanea La pietra e gli eroi, viene esposto al pubblico, per la prima volta dal ritrovamento, tutto il complesso scultoreo.
Altri frammenti, riferibili ai nuovi reperti rinvenuti nelle campagne di scavo del 2014 e del 2015, nel cantiere allestito al Museo civico Giovanni Marongiu a Cabras.

Questo intervento ha interessato, in particolare, due modelli di nuraghi quadrilobati (altri due sono ancora da restaurare), una statua di arciere e una delle due statue del nuovo tipo di pugilatore, che raffigura un pugilatore secondo un modello simile al bronzetto nuragico rinvenuto nella tomba villanoviana di Cavalupo a Vulci (VT), col grande scudo e il guantone armato tenuti davanti al corpo invece che all’altezza della testa. La seconda statua è esposta ma ancora da restaurare.

Scorcio di una parte della sala del Centro di restauro dove erano riordinati i reperti da restaurare.

Il lavoro del restauro

Fino al 2005, a causa della persistente carenza di locali, attrezzature, personale e finanziamenti, la Soprintendenza archeologica di Cagliari ha ritenuto non opportuno avviare il restauro sistematico delle sculture e si è dovuta necessariamente limitare all’esecuzione di interventi preliminari su alcuni frammenti significativi, esposti nel Museo archeologico nazionale di Cagliari fin dal 1977.

Classificazione autoptica: frammenti di piedi.

Il restauro delle sculture di Mont’e Prama è stato effettuato grazie alla programmazione di interventi finanziati con l’Accordo di Programma Quadro 2005 tra Stato e Regione tramite il progetto “SarBC3-18-Centro di conservazione dei Beni culturali. Laboratori aperti al pubblico” relativo alla redazione di un progetto preliminare. Questo Accordo è stato potenziato nel 2007 con un secondo finanziamento dell’atto integrativo.
A seguito di gara, l’appalto viene assegnato al Centro di Conservazione Archeologica (CCA) di Roberto Nardi (Roma), che dà l’avvio all’elaborazione del progetto definitivo-esecutivo, con inizio lavori a novembre 2007 e conclusione a novembre 2011, intitolato “Prenda ‘e Zenia” (Gioiello della stirpe).
Il progetto viene finanziato con la somma complessiva di 1.600.000 euro e tutta la procedura amministrativa e tecnica viene seguita dalla Soprintendenza archeologica di Sassari, in particolare da Antonietta Boninu, Luisanna Usai, Alba Canu e Gonaria Demontis.

Dal novembre 2007 al novembre 2011 il “CCA” ha lavorato nei locali del Centro di restauro di Li Punti, sul materiale rinvenuto nelle diverse campagne di scavo del sito archeologico condotte tra il 1975 e il 1979 composto da circa 5200 frammenti litici in calcare, che costituivano una distesa di circa 450 metri quadrati e un valore ponderale di oltre 10 tonnellate, per un volume dei singoli reperti molto vario da millimetri alle decine di centimetri.

La prima fase del progetto ha visto la preliminare classificazione autoptica dei vari frammenti per tipologia, con la progressiva suddivisione dei frammenti nelle varie classi.

La documentazione

Trasversalmente alle fasi del restauro, si è proceduto alla preziosa documentazione, per mezzo della quale si sono registrati tutti i dati raccolti durante l’osservazione e l’analisi delle sculture.
La raccolta dei dati è stata effettuata tramite archiviazione, gestita da un database, nel quale ogni frammento e ogni scultura sono stati dotati di una scheda in cui sono riportati:

  • i dati disponibili relativi allo scavo e all’intervento di restauro
  • la documentazione fotografica, prima, dopo e durante il restauro
  • la documentazione grafica
  • la documentazione video
  • la documentazione tridimensionale acquisita con laser scanner finalizzata al rendering delle sculture, al restauro virtuale e all’eventuale realizzazione di copie.
Un momento delle riprese fotografiche.
Acquisizione con laser scanner della documentazione tridimensionale.

Le analisi diagnostiche

Le analisi diagnostiche, nelle fasi precedenti al restauro, concorrono a individuare il tipo di pietra utilizzata, le alterazioni e le trasformazioni nella pietra. Le osservazioni al microscopio ottico, petrografico e al SEM-EDS, microscopio elettronico a scansione con microanalisi, hanno evidenziato l’appartenenza della pietra delle sculture alla classe dei biocalcari sedimentari, ricchi di fossili.
Su alcuni esemplari si sono evidenziate tracce circoscritte di colorazione rossa o nera.
L’analisi diretta delle superfici permette la raccolta di dati e informazioni relative alle tecniche di lavorazione originale, alla strumentazione e alla metodologia usata. Infine l’analisi dello stato di conservazione rappresenta la fase preliminare e imprescindibile di ogni intervento di restauro e permette di individuare i vari fenomeni di degrado.
Soltanto dopo aver delineato il quadro generale più chiaro, nel contesto e nelle caratteristiche di ciascun frammento, e dopo aver concluso l’analisi e l’acquisizione dei dati, si può procedere con gli inverventi diretti di restauro.
Alle tecnologie più moderne per la documentazione, lo studio e l’analisi dei materiali originali e per la diffusione dei risultati dell’intervento, si è preferito contrapporre l’utilizzo di tecniche semplici e tradizionali per il restauro, compatibili con i materiali originari e rispettose delle superfici antiche.

Prelievo di campioni per l’analisi.

La pulitura

La prima fase del restauro consiste nella pulitura: questa è una operazione irreversibile e viene eseguita con approcci progressivi. Viene eseguita principalmente con mezzi meccanici, con acqua atomizzata che solubilizza i depositi di sporco, attraverso un leggero aerosol di acqua e aria, e con spatole e micro incisori ad aria compressa. La pulitura è finalizzata al ripristino della leggibilità delle superfici e alla rimozione delle sostanze dannose. Nelle zone in cui la pietra presenta superfici decoese, la pulitura è preceduta da interventi di protezione locale e pre-consolidamento, per prevenire che l’azione dell’aerosol dell’atomizzazione possa danneggiare la superficie originale. Successivamente, ove necessario, avviene il consolidamento, per esempio sulle superfici fragili, degradate e in quelle di giunzione. Il consolidamento avviene con materiali inorganici come l’acqua di calce e il silicato di etile al fine di proteggere le superfici originali e di preparare i frammenti all’incollaggio.

Diversi momenti delle operazioni di pulitura.

La ricerca degli attacchi

La seconda fase riguarda la ricerca degli attacchi fra i vari frammenti. Questa è una operazione molto lunga e complessa, eseguita manualmente dai conservatori, che mettono a frutto l’esperienza nel riconoscere l’enorme mole di piccole informazioni registrate sulle superfici originali che, attraverso un gioco di interrelazioni visive e tattili, consente l’attribuzione di un frammento a una scultura o il ricongiungimento di frammenti tra di loro.
È forse utile ricordare che, data la forte abrasione delle fratture dei frammenti e la grande varietà tipologica delle superfici, nessun ausilio digitale può aiutare in una operazione di questo genere. Solo l’occhio esperto dell’operatore professionista riesce a elaborare le differenze e individuare le similitudini.

Nel caso delle sculture di Mont’e Prama, questa operazione di ricerca degli attacchi è durata due anni ed è stato fondamentale l’impiego costante degli stessi operatori, entrati progressivamente in confidenza con i materiali.

Il montaggio, la stuccatura e le integrazioni

Applicazione del film in resina acrilica.

Successivamente avviene il montaggio, la stuccatura e le integrazioni. Partendo dal principio del rispetto totale del materiale antico, non vengono eseguiti fori negli elementi originali e non vengono utilizzati perni per rimontare le sculture. I frammenti contigui vengono assemblati mediante il solo uso di resine sintetiche demandando al supporto metallico esterno la funzione di sostegno statico delle sculture ricomposte. Per questa operazione di incollaggio dei frammenti si usano contemporaneamente due tecniche: la prima consiste nell’applicazione sulle superfici di contatto di un leggero film in resina acrilica con funzione di reversibilità, la seconda nell’applicazione di una resina epossidica bicomponente, con funzione strutturale, grazie al forte potere adesivo del materiale. Le fratture e le linee di giunzione tra i vari frammenti ricongiunti sono infine stuccate con una malta a base di calce per migliorare la presentazione estetica delle superficie e prevenire il deposito di polveri.

La stuccatura di una statua ricomposta.

I tralicci

Per garantire la conservazione, ogni intervento di restauro è condizionato dalle norme di compatibilità (con i materiali originali) e di reversibilità.
In previsione della musealizzazione, sono stati infine realizzati dei supporti in quanto, rimontati i frammenti, le sculture non erano in grado di svettare autonomamente sul loro basamento originario.
Per questo motivo sono stati progettati e realizzati dei tralicci che consentono di tenere le statue in posizione verticale senza interferire con la loro visibilità a 360 gradi. Si tratta di strutture in acciaio con una colonna centrale a traliccio, da cui partono dei bracci a sostegno dei singoli elementi scultorei.
Tali supporti sono stati realizzati in modo che rispondessero ai requisiti rigorosi di mantenimento dell’integrità del materiale lapideo originale (escludendo uso dei perni) e ai requisiti di stabilità, minima deformabilità, minima visibilità della struttura metallica, possibilità di aggiunte successive e totale reversibilità delle parti.

Il montaggio di una statua sul traliccio.
Particolare del sostegno.
La statua di guerriero detto “Gherreri” pronta per l’esposizione.

Il cantiere di restauro a Cabras

Nel mese di giugno del 2015 e del 2016, sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica di Cagliari, avvalendosi di un programma didattico organizzato dal Centro di Conservazione Archeologica in collaborazione con alcune Università statunitensi, il “CCA” ha iniziato il restauro delle sculture rinvenute nelle campagne di scavo del 2014 e del 2015, allestendo il cantiere nel Museo civico Giovanni Marongiu a Cabras.

È stato riproposto lo stesso piano di lavoro già collaudato negli anni precedenti, che prevede la ripulitura e il trattamento preliminare di tutti i frammenti scultorei, la ricomposizione e il montaggio su sostegno metallico di alcune sculture.
L’intervento ha interessato, in particolare, due modelli di nuraghe quadrilobati (altri due sono ancora da restaurare), una statua di arciere e una statua di pugilatore di nuovo tipo. Quest’ultima, infatti, raffigura un pugilatore secondo un modello simile al bronzetto nuragico rinvenuto nella tomba villanoviana di Cavalupo a Vulci (VT): la figura tiene un grande scudo e il guantone armato protesi davanti al corpo anziché all’altezza della testa. Una seconda statua analoga a quest’ultima non è stata ancora trattata.

Il montaggio sul traliccio della statua del pugilatore.
Gli ultimi ritocchi nell’allestimento museale.
Per maggiori informazioni sul restauro si rimanda a:
Nicosia 2005; Costanzi Cobau 2011; Minoja-Usai (a cura di) 2011, pp. 49-55; Boninu 2009; Boninu 2012a; Boninu 2012b; Manunza 2013; Boninu 2014; Boninu-Costanzi Cobau 2014; Macciocco-Huber-Luciano 2014; Usai 2014d; Usai-Leonelli 2014; Scano 2015; Usai 2015b.

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