Origini ed età punica

L’arrivo dei fenici e la fondazione della città coincidono con un momento di straordinaria attività coloniale da parte dalle genti levantine in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo. Non conosciamo tuttavia l’esatta ubicazione dell’abitato fenicio, che certo non doveva avere carattere di monumentalità, mentre abbiamo alcune testimonianze di ambito funerario e votivo.

Età nuragica

Su una delle tre colline su cui sorge la città, la più settentrionale, nota con il nome di Su Murru Mannu (in sardo “grande muso”), è visibile ancora oggi un importante villaggio protostorico (età del bronzo medio-recente) che doveva essere già abbandonato al momento dell’arrivo dei fenici.
I resti di un monumento nuragico sono stati riconosciuti alla base della torre spagnola del colle di San Giovanni. Altri due nuraghi si trovano sul Capo San Marco, uno, detto “Baboe Cabitza”, nella parte più alta del promontorio, l’altro presso l’insenatura di Sa Naedda.

Tharros, il preesistente villaggio nuragico sulla collina di Su Murru Mannu.
Nuraghe Baboe Cabitza.

Età fenicia, fondazione della città di Tharros

Fin dal periodo fenicio sono in uso contemporaneamente due necropoli, ubicate a una distanza di qualche chilometro l’una dall’altra: quella più nota è posta sul Capo San Marco, l’altra, mai indagata in maniera sistematica, si trova oggi all’interno del villaggio moderno di San Giovanni di Sinis.

Ci si pone ancora il problema della ragione di tale duplicità, non escludendosi la possibilità dell’esistenza di due centri abitati posti a distanza ravvicinata. Le sepolture, databili a partire dall’ultimo quarto del settimo secolo avanti Cristo, sono nella maggior parte delle semplici fosse scavate nella sabbia o nella roccia affiorante in cui sono deposti i resti incinerati dei defunti, accompagnati dai corredi ceramici e da oggetti personali.

Quanto all’ambito del sacro, si possono ricordare i materiali più antichi rinvenuti nel tofet, il tipico santuario fenicio-punico a cielo aperto, circondato da un recinto sacro e contenente le urne, con i resti incinerati dei bambini morti in tenerissima età e degli animali sacrificati, e le stele, veri e propri signacoli in pietra con il simbolo o l’immagine della divinità posta su un trono o all’interno di un tempietto in miniatura. Ancora si discute sulla natura del santuario tofet, se luogo di sacrificio dei fanciulli in offerta alla divinità o, più probabilmente, necropoli destinata ai bambini nati morti o a quelli deceduti prematuramente prima di aver subito un rito di passaggio e dunque di essere stati accolti nella comunità degli adulti.

Tofet, scavo anni Settanta (da F. Barreca, La civiltà fenicio-punica in Sardegna, Sassari 1986).

Età punica

Nella seconda metà del sesto secolo, momento di grandi cambiamenti non solo in Sardegna per il prevalere della politica espansionistica di Cartagine, Tharros non sfugge al controllo da parte della metropoli africana. All’età punica deve riferirsi la monumentalizzazione della città il cui centro viene ora a trovarsi sul versante orientale della collina di San Giovanni. Nel periodo compreso tra la fine del sesto secolo e il 238 avanti Cristo, anno della conquista romana dell’isola, vengono costruiti numerosi edifici che ancora in parte si conservano sotto quelli di età successiva.

Va ricordata innanzitutto l’imponente cinta fortificata che chiude la città da possibili attacchi da terra e da mare. Un complesso sistema, non ancora ben noto nelle sue varie articolazioni, si attesta all’estremità settentrionale di Su Murru Mannu e da lì prosegue fino alla sommità della collina di San Giovanni, dove viene impiantata, al posto del preesistente nuraghe, una torre o comunque una struttura fortificata; le mura da lì dovevano proseguire verso sud con un percorso che è conosciuto solo per sommi tratti per poi chiudere a est la città.

Il tofet, che viene ora compreso all’interno dello spazio fortificato, continua la sua attività, subendo varie risistemazioni dovute anche al saturarsi degli spazi per l’alto numero delle deposizioni (si sono recuperate circa 5000 urne e oltre 300 stele). Da notare che nell’area immediatamente a ovest del santuario, nello spazio compreso tra questo e le mura, si impianta, verosimilmente alla fine del quinto secolo avanti Cristo, un importante quartiere artigianale specializzato nella lavorazione del ferro. Le indagini di tipo archeometrico effettuate su scorie di fusione e su frammenti dei forni utilizzati per l’attività metallurgica hanno mostrato un alto livello nelle conoscenze tecniche da parte degli artigiani tharrensi che erano in grado di raggiungere temperature molto elevate.

All’età punica sono da riferire alcuni tra i più importanti luoghi di culto di Tharros, tra cui il cosiddetto tempio monumentale o “tempio delle semicolonne doriche”, una struttura in parte risparmiata nel bancone naturale di roccia, in parte costruita con grossi blocchi squadrati. Tale monumento, in gran parte smontato in età primo-imperiale, doveva essere costituito da una grande piattaforma gradonata al culmine della quale doveva ergersi un tempietto o un altare.
Sono da attribuire a età punica le caratteristiche tombe a camera visibili sul Capo San Marco e tra le case del villaggio di San Giovanni. Queste sepolture, costituite da un vano d’accesso generalmente provvisto di una gradinata e da una camera sepolcrale molto semplice, ospitavano gli inumati, deposti in posizione supina insieme a ricchi corredi ceramici e a oggetti personali anche preziosi. Proviene proprio da queste tombe la maggior parte dei numerosissimi manufatti (ceramiche, terrecotte, gioielli, amuleti, scarabei) che oggi si trovano custoditi presso i maggiori musei sardi, italiani e stranieri, recuperati soprattutto in occasione degli scavi regolari e soprattutto clandestini che almeno dal 1830 hanno interessato le necropoli tharrensi.

Tombe puniche della necropoli meridionale, Tharros.
Tempio punico detto “delle semicolonne doriche”, Tharros.