Chi erano i Giganti

Una necropoli o un cimitero monumentale dove probabilmente si praticava una sorta di ritualità funeraria dedicata a celebrare giovani eroi, che giacevano nei loro sepolcri individuali, architettonicamente disposti su un lungo percorso rettilineo adornato da monumentali statue raffiguranti guerrieri, arcieri e pugilatori: questo è Mont’e Prama.

Ma chi erano le persone degne di tanta celebrazione? L’antropologia fisica ha provato a dirci qualcosa di loro.

Gli scavi

Gli scavi archeologici hanno restituito numerose tombe e altrettanti inumati.

Dagli anni Settanta a oggi sono state individuate e riconosciute circa 125 tombe, riconducibili alle tipologie ritrovate a Mont’e Prama (vedi la sezione “Scoperte e scavi“). Di queste sono state scavate poco più di 60 tombe di cui alcune ampiamente studiate, mentre altre sono ancora in fase di studio.

L’area archeologica il 12 ottobre del 2015.

Negli anni Settanta sono state scavate ben 41 delle 62 tombe individuate. Gli scavi hanno restituito altrettanti resti di inumati studiati da Ornella Fonzo ed Elsa Pacciani (della allora Soprintendenza Archeologica Toscana), specializzate in antropologia fisica, e analizzati presso il Laboratorio di Archeoantropologia della Soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana.

Con la ripresa degli scavi nel 2014, tra il 24 settembre e il 30 novembre dello stesso anno, furono individuate e scavate 16 tombe, di cui 8 con lastra e 8 a pozzetto semplice. L’intervento di scavo e il recupero degli inumati fu progettato e realizzato con l’obiettivo di prelevare campioni osteologici e sedimentari per effettuare analisi sul DNA antico.

Un archeologo durante lo scavo della tomba 14 Bedini nel 2015.

Con gli scavi del 2015 sono state individuate 28 tombe. Lo scavo sistematico è stato effettuato su 6 tombe poste nel cosiddetto “settore Bedini”, le cui tipologie si riferiscono a 3 tombe con copertura a lastra e 3 a pozzetto semplice o strutturato. Lo scavo e il recupero degli inumati sono stati compiuti dall’antropologa fisica Ornella Fonzo e i dati sono stati analizzati presso il Laboratorio di Archeoantropologia della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e sud Sardegna.

In che modo sono stati recuperati gli inumati?

Durante gli scavi del 2014-2015, tutte le operazioni sono state eseguite e verificate personalmente dagli antropologi sul campo, che hanno identificato gli elementi man mano che venivano riportati alla luce, ne hanno descritto la posizione e hanno provveduto alla conservazione preliminare dei singoli reperti.

Lo scavo è stato eseguito indossando una tuta con cappuccio, mascherina e guanti, per preservare i resti ossei dall’inquinamento in vista delle analisi future. Nei livelli più superficiali si è operato con la trowel (una piccola cazzuola appuntita: lo strumento per eccellenza dell’archeologo) e il pennello largo, passando poi a strumenti fini come bisturi anatomici e pennelli più stretti e, in prossimità delle ossa, a spatole in bosso e pennelli sottili. La terra rimossa veniva asportata con pennello e paletta o tramite un aspiratore a bassa potenza. Per via della conformazione delle tombe, lo scavo è risultato piuttosto scomodo con scarsa visibilità e con carenza di aria all’interno.

Un archeologo durante lo scavo Bedini nel 2015.
La catalogazione dei resti umani – un maschio tra i 16 e i 18 anni – del pozzetto V.

Dopo il recupero dei reperti ossei direttamente dallo scavo, gli scheletri sono stati trattati uno alla volta e tenuti costantemente separati, in quanto le condizioni di conservazione delle superfici ossee non consentivano di effettuare la siglatura dei singoli resti. I reperti sono stati fotografati prima dell’eliminazione della terra. Data l’estrema fragilità, le ossa sono state sottoposte a pulitura meccanica con spatole in legno e pennelli. Quando le superfici lo consentivano sono state trattate anche con un pennello morbido inumidito con acqua. A questo trattamento sono state sottoposte anche le corone dei denti, eccetto alcune, come pure le radici che, se inumidite, potevano frantumarsi.
Durante la pulitura sono stati effettuati dei prelievi di terra per integrare il campionamento fatto durante lo scavo.

Tra il 2016 e il 2018 la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e sud Sardegna ha svolto dei brevi saggi di indagine che hanno portato al rinvenimento di numerose tombe, di cui sono state scavate solamente tre sepolture a pozzetto semplice. I dati sono ancora in fase di analisi e studio.

Il recupero dei resti umani nel saggio VII del 2018.

Gli inumati della necropoli di Mont’e Prama

In base alle osservazioni fatte durante lo scavo, sulla posizione delle ossa al momento del rinvenimento e il loro stato di conservazione, in base alla documentazione fotografica e allo studio dei reperti scheletrici in laboratorio, la deposizione dei defunti risulta essere in giacitura primaria, non soggetta cioè a manomissioni o spostamenti successivi.

Per quanto riguarda le tombe coperte da lastra, i defunti venivano deposti seduti sul fondo dei pozzetti individuali, generalmente con le spalle rivolte a est, con le ginocchia piegate strette davanti al petto e le caviglie spesso incrociate, le braccia flesse al gomito e le mani davanti al torace. Il cranio doveva inclinarsi verso il petto, per poi disarticolarsi e ricadere nello spazio fra l’addome e le cosce. Non è stato possibile, infatti, ricostruire l’orientamento originario della faccia perché, al momento della decomposizione delle parti molli, il cranio cadeva verso il basso. Gli arti inferiori erano sempre fortemente flessi, con le ginocchia divaricate verso l’alto e i piedi vicini al bacino e vicini tra loro. Gli arti superiori erano anch’essi flessi, con i gomiti più o meno distanti dal tronco e le mani riportate davanti a esso.

Le ossa si presentavano in cattivo stato di conservazione, erose e sfaldate. Ciò ha reso difficile il rilevamento di alcuni dati. Ciò nonostante si è provveduto all’analisi antropologica, alla diagnosi dell’età alla morte e del sesso, in base agli elementi morfologici (cioè lo studio e l’analisi delle forme) e morfometrici (cioè lo studio e l’analisi delle misure) rilevabili. È stato inoltre rilevato il grado di usura dentaria e sono state codificate le carie.
Per alcuni esemplari è stata analizzata la muscolatura e sono stati riscontrati alcuni caratteri patologici. Sono stati, infine, effettuati i prelievi di campioni ossei per le datazioni assolute e per le analisi isotopiche finalizzate allo studio della dieta, ancora in corso.

La deposizione del defunto nella tomba.
La lastrina della tomba 15 Bedini al momento del suo rinvenimento durante la campagna di scavo del 2015.
I resti umani della tomba 15 Bedini al momento del loro rinvenimento durante la campagna di scavo del 2015.

Giovani maschi

Le analisi genetiche svolte sui denti indicano una comunità chiusa, che probabilmente praticava l’endogamia, ossia contraeva matrimonio all’interno di uno stesso gruppo sociale di appartenenza. Questo lascia supporre che gli inumati di Mont’e Prama facessero parte di uno stesso gruppo parentale.
È stato possibile identificare il sesso e l’età della maggior parte degli esemplari rinvenuti. Gli individui di sesso maschile prevalgono nettamente su quelli di sesso femminile.
In base alle analisi svolte sui 41 individui ritrovati durante gli scavi degli anni Settanta, infatti, risultano 27 di sesso maschile, 1 di sesso femminile, 4 probabilmente femminili e 9 non determinati. Gli studi sul DNA svolti negli inumati portati alla luce nel 2014, alcuni parzialmente pubblicati e altri ancora in corso, evidenziano l’attribuzione al sesso maschile per 9 individui. Le analisi dei 6 inumati portati alla luce nel 2015 rilevano, infine, che si tratta di 6 individui di sesso maschile.

Per quanto riguarda l’età degli individui, dalle analisi si evince l’assenza di infanti e di anziani, la presenza di una decina di individui di età compresa tra i 15 e i 18 anni e la prevalenza di “giovani adulti” (21-42 anni). L’età alla morte degli inumati è un tratto saliente e caratteristico dei defunti di Mont’e Prama. Risulta essere un aspetto di particolare importanza per comprendere la connotazione del gruppo rispetto alla popolazione di appartenenza.

L’assenza di infanti e di anziani, la presenza di molti adolescenti o adulti giovanissimi e la preponderanza di adulti giovani ha portato gli studiosi a pensare che si trattasse di un sepolcreto selettivo anzitutto in base al sesso e poi a un criterio di ruolo e di funzione sociale.

Ripartizione per sesso degli inumati di Mont'e Prama.
Ripartizione per età degli inumati di Mont'e Prama.

Atleti, guerrieri, eroi

I maschi presentano elementi distintivi di robustezza con inserzioni muscolari molto marcate che sembrano delineare un gruppo dedito all’attività fisica intensa e ripetuta, coinvolgente sia gli arti superiori sia quelli inferiori: per esempio l’80 per cento (una frequenza insolitamente alta) del campione maschile (scavi Bedini-Tronchetti) mostra nei femori degli elementi che indicano uno stress da lavoro e sforzo, come il piegamento e la torsione delle cosce. Erano atleti o guerrieri scelti?

L’analisi dettagliata individuale permette di risalire ai movimenti specifici effettuati con frequenza e sotto sforzo: in alcuni soggetti è stato infatti possibile dedurre l’uso ricorrente del braccio destro associato all’uso della spalla, braccio e avambraccio e una presa di forza della mano. Si tratta di guerrieri che maneggiavano una spada?

Le gambe e il gonnellino a punta sul retro, tenuto da una fascia a lembi sovrapposti nella parte anteriore, della statua di pugilatore detto “Crabarissu”. La statua è esposta al Museo archeologico nazionale di Cagliari.

Che cosa mangiavano

Nell’ambito di un progetto di studio paleo-nutrizionale e paleo-climatico della Sardegna, la necropoli di Mont’e Prama ha fornito un campione eccezionale, sia perché si tratta di un contesto chiuso, sia perché si tratta del primo gruppo umano consistente di età del ferro finora indagato in Sardegna.
La ricostruzione della paleo-dieta è basata attraverso una misurazione che gli studiosi definiscono degli isotopi stabili di carbonio e azoto del collagene, che riflette perlopiù la composizione degli alimenti consumati nel corso della vita di un individuo. Questa analisi ha dunque fornito indicazioni sull’origine delle proteine nella dieta media di un campione del gruppo, negli anni precedenti la morte. Si è indagato con particolare riguardo all’eventuale consumo di cibi di origine marina, all’eventuale mutamento dell’alimentazione nel tempo o all’interno del gruppo.

Il quadro ricostruibile, dunque, per ciò che riguarda la dieta, chiarisce come vi sia stato un aumento nella proporzione di proteine animali dalla fase più antica alle più recenti e, all’interno delle fasi recenti, vi sia stato un crescente apporto di proteine derivate da prodotti del mare.
Si può ritenere che il gruppo umano di Mont’e Prama, nel suo insieme, utilizzasse anche la dieta come segno per marcare il proprio status.
Confrontando, infine, questi dati con altri rilevati in sepolture meno “distinte” della Sardegna e interpretandoli con cautela, è possibile identificare gli inumati di Mont’e Prama come un gruppo privilegiato e di élite in progressiva formazione identitaria.

Quando vissero

Nell’ambito dello stesso progetto di studio paleo-nutrizionale e paleo-climatico della Sardegna è stata rilevata la datazione assoluta di un campione del gruppo con la tecnica della misurazione del carbonio radioattivo con spettrometria di massa ad accelerazione.

In questo stadio degli studi sono disponibili 15 datazioni su 13 tombe e 3 datazioni su ossa animali rinvenute in due strati del vano B, eseguite dai laboratori di Heidelberg, Groningen, Caserta e Miami. Sono stati analizzati i pozzetti del tipo 1 delle necropoli Bedini e Tronchetti, i pozzetti del tipo 2 e di tipo intermedio della necropoli Bedini, le tombe con lastra della necropoli Bedini, le tombe con lastra della necropoli Tronchetti, i pozzetti della necropoli 2014 assimilabili al tipo 1, le tombe con lastra della necropoli 2014 e l’edificio B.

Il quadro che emerge dall’insieme delle datazioni radiocarboniche non è ancora sufficiente e risulta non completamente coerente, quindi non ancora affidabile per valutazioni di tipo statistico. Alcune tombe stratigraficamente omogenee dal punto di vista archeologico hanno rivelato datazioni molto diverse tra loro e in alcuni casi la datazione radiocarbonica si allontana sensibilmente da quella archeologica proposta sulla base degli studi dei recipienti ceramici rinvenuti deposti sotto i defunti. In generale, le prime datazioni eseguite nei laboratori di Groningen e Caserta sembrano più antiche delle datazioni eseguite successivamente in due diversi laboratori di Miami.

Considerando quindi tutti i limiti esposti e al momento non risolvibili, gli studiosi accettano ancora l’ipotesi che propone le seguenti fasi di sviluppo della necropoli di Mont’e Prama: dapprima furono realizzati i pozzetti semplici (tipo 1) delle necropoli Bedini e Tronchetti, quindi i pozzetti strutturati (tipo 2) della necropoli Bedini, con diversi momenti e diverse modalità di organizzazione, infine la lunga fila delle tombe con lastra delle necropoli Bedini, Tronchetti e 2014, in possibile successione da nord a sud.

Le tre fasi dello sviluppo della necropoli di Mont’e Prama.
Per maggior informazioni sullo studio degli inumati e sulle analisi biochimiche si rimanda a:
Fonzo-Pacciani 2014; Cameriere et alii 2014; Lai et alii 2014; Ranieri-Zucca 2015; Sias et alii 2015, pp. 185-195;
Carenti et alii 2015, pp. 178-195; Zucca et alii 2016; Fonzo-Pacciani 2016; USAI et alii 2018.

consulta la bibliografia