Se il 2022 è stato quello dei primi passi e il 2023 quello della consapevolezza, il nuovo anno che inizia si candida a essere vissuto come quello della maturità e delle scelte che indirizzeranno per un periodo non breve il percorso di crescita del Parco archeologico naturale e diffuso del Sinis.
I Giganti, in attesa della tanto auspicata riunione della numerosa famiglia e di poter prendere possesso della loro nuova casa, sperimenteranno un inedito percorso di visita, nel quale farsi ammirare in tutta la loro tridimensionalità. Una esperienza fisica nuova, illuminata dalla luce che filtra tra i sinuosi disegni della Sala del paesaggio e dialoga a breve e magica distanza visiva col luogo in cui sono stati pensati, concepiti, scolpiti e innalzati, a sfidare il tempo e lo spazio.
Nel mentre, a pochi metri, prende forma un atteso progetto di restauro, aperto alla condivisione con ospiti e visitatori, incastonato in un nuovo percorso museale che, a sua volta, proporrà percorsi rinnovati e inclusivi, capaci, nel contempo, di far viaggiare i visitatori sugli affascinanti sentieri di una storia antica e misteriosa e di offrire ai ricercatori e agli studiosi un innovativo e funzionale gabinetto di studio e formazione continua.
Il Museo inteso come luogo vivo, cuore pulsante della cultura cittadina e territoriale, motore inesauribile di stimoli, occasioni e opportunità, pensato in funzione delle storie degli uomini e donne che, nel corso dei secoli, si sono avvicendati lungo l’inestricabile percorso di sentieri dipanatisi fra grasse e fertili pianure, stagni pescosi e culture aperte, vivaci e produttive, proiettate verso un mare a tratti amico, a tratti infido e finanche traditore.
La Fondazione vuole caratterizzare la sua missione, finalizzata a compiere una piccola rivoluzione rispetto a “su connotu”, continuando a far viaggiare in parallelo le iniziative di valorizzazione a quelle legate alla ricerca scientifica e alla didattica, sino alla infrastrutturazione di tutti i siti archeologici e culturali affidati.
Sarà l’anno dei cantieri a Mont’e Prama, a Tharros, a San Salvatore e al Museo, ma anche quello delle celebrazioni per i 50 anni del ritrovamento del complesso statutario e monumentale composto da statue, betili e modelli di nuraghe. E finalmente quello degli scavi nel nuraghe di “Canevadosu” e nel sito preistorico di “Sa conca ‘e ‘illonis”, oltre che della prospezione archeologica nello stagno.
Continuiamo ad alzare l’asticella, certando di districare le inevitabili matasse che via via si formano a livello burocratico, normativo, politico e organizzativo. Nessuna impresa ambiziosa è semplice e, del resto, ogni tempo sconta le sue difficoltà: non è mai stato agevole, nei millenni, operare a Cabras e nel Sinis, così come nel territorio più allargato dell’Oristanese. Alla bellezza dei luoghi hanno sempre fatto da contraltare difficoltà alle quali è spesso difficile dare nomi, volti e natura, ma che fanno parte di un complessivo pacchetto che compendia fascino, struggente bellezza e, appunto, malinconici e invisibili ostacoli.
Questo complesso di condizioni ha generato un affascinante susseguirsi di esperienze che si sono avvicendate nel corso dei millenni formando, secolo dopo secolo, quel complesso di patrimoni materiali e immateriali che oggi siamo chiamati a preservare, tutelare, studiare e valorizzare affinché, con l’alto magistero della Storia, ci indichino non solo quali sono stati i saperi e i valori di chi ci ha preceduto ma quali saranno i percorsi che dobbiamo intraprendere per regalare un futuro ricco di opportunità a chi avrà la fortuna di nascere in questi luoghi oppure li sceglierà liberamente come sua casa di elezione.
Anthony Muroni
Presidente della Fondazione Mont’e Prama